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Cimadolmo Treviso
la patria di Giacomo Agostinetti

Cimadolmo è un comune della provincia di Treviso, posto sulla sinistra del fiume Piave, con una parte del territorio che supera il ramo sinistro del fiume estendendosi nelle Grave di Papadopoli, così, infatti, è chiamata l’'isola che si è formata nel 1882 in seguito ad un'alluvione che suddivise il corso del fiume in due rami. Il toponimo Grave ("ghiaie") si riferisce alla natura sassosa del luogo, mentre Papadopoli è il nome di una ricca famiglia veneziana di origine greca che ne fu proprietaria durante l'Ottocento. I Papadopoli furono infatti  tra i protagonisti della nuova imprenditoria agricola veneta tra l’Otto e il Novecento nelle terre tra il Piave e la Livenza.

Anticamente Cimadolmo era un centro importante, con un attivo insediamento già presente in epoca romana e, per secoli, fu la maggiore località del territorio, sede di un mercato e di una pieve citata nel 1152 tra le dipendenze del vescovo di Treviso. Le continue piene del fiume la portarono però progressivamente alla decadenza,  la chiesa venne distrutta più volte, numerosi abitanti emigrarono verso zone più sicure e il mercato andò perdendo d’importanza fino alla sua chiusura. Solo  tra il 1884 e il 1886 venne costruita una diga che riparò l’antico centro storico dalle continua esondazioni del Piave e permise, nel corso del Novecento, uno sviluppo demografico ed economico stabile.

Nel corso della Grande Guerra Cimadolmo fu teatro di aspri combattimenti vista la vicinanza al fronte del Piave, specialmente nell’ultimo periodo della guerra quando i soldati italiani riuscirono a vincere la resistenza nemica e superarono il fiume, diretti a Vittorio Veneto.

Per quanto riguarda il nome “Cimadolmo” esso ricorda l'introduzione dell'olmo da parte dei monaci nonantolani nel corso delle bonifiche tardo-medievali; si tratta infatti di una specie arborea che assorbe efficientemente l'umidità dal terreno.

Cimadolmo è attualmente un comune di poco più di tremila abitanti, con numerose associazioni ed è conosciuto come il “Paese dell’asparago bianco IGP”, considerato la capitale per la produzione di questo straordinario turione che, per le caratteristiche del terreno in cui è coltivato, è considerato gastronomicamente il più interessante fra gli analoghi prodotti italiani. A questo proposito, Giacomo Agostinetti dedica l’intero “Riccordo LXXII” alla coltivazione degli asparagi,, quasi prevedendo il luminoso futuro che gli asparagi avrebbero avuto nel suo paese a partire dalla seconda metà del XX secolo.